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ROUND MIDNIGHT - A MEZZANOTTE CIRCA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 5 maggio 1987
 
di Bertrand Tavernier, con Dexter Gordon, François Cluzet, Christine Pascal, Herbie Hancock (Francia, 1986)
 

Interpretato da un vero musicista, uno dei migliori sassofonisti del dopoguerra, Dexter Gordon, ROUND MIDNIGHT si basa sulla cronaca che lo scrittore Francis Paudras ha fatto del soggiorno parigino negli anni cinquanta del grande pianista Bud Powell. Tutto ciò ha un'importanza relativa: ROUND MIDNIGHT , a mezzanotte circa, è il titolo di uno degli standard più belli di tutto il jazz moderno, scritto da un altro grande, da un altro celebre pianista, Thelonius Monk. Ma la mezzanotte circa è dunque quell'ora magica, che ogni appassionato di jazz conosce, attorno alla quale, in un club notturno (e qui è il mitico Blue Note, che il vecchio scenografo Alexander Trauner ha ricostruito con l'abituale maestria) si celebra il rito di una musica particolare. Una musica che, più di ogni altra, nasce dall'invenzione di un momento, dalla felicità, più spesso dall'infelicità comunicata con una immediatezza talora sconvolgente in quella forma musicale che si definisce improvvisazione.

L'improvvisazione, proprio perché effimera, non codificata, è difficile da spiegare, da rappresentare. E impossibile da ripetere. È una delle ragioni per le quali il cinema si è sempre avvicinato a questa espressione musicale tipica del nostro secolo con maldestra goffaggine: qualche documentario (dopo il celebre JAMMIN' THE BLUESche s'apriva in un bianco e nero d'antologia sul cappello a larghe falde di Lester Young) e svariati lungometraggi su Glenn Miller, Armstrong o Billie Holliday che facevano sorridere chi davvero apprezzava la loro musica.

ROUND MIDNIGHT , fortunatamente, non ha nulla a che fare con quel genere di biografia di maniera: è il ritratto di un momento, quello di ogni musicista che, come dice Dexter, "è stanco di ogni cosa salvo che della musica". E la descrizione della difficoltà di comunicare con la musica, è il ritratto non tanto, o non solo, di Bud Powell. Ma di Charlie Parker, di Lester Young, di Chet Baker, di mille altri: non è un film sul jazz, è un film jazz. Bertrand Tavernier è un buon cineasta, non di più. Ma è un grandissimo appassionato di jazz: e la sua passione, che anche lo spettatore più ignaro di jazz non potrà non percepire con commozione, traspare da ogni momento del film. Da ogni momento di quelli buoni: perché ROUND MIDNIGHT è come spezzato in due. Quando filma i momenti di musica, quando usa e si fa usare dalla musica, quando soprattutto filma il suo indimenticabile protagonista. Il vecchio, gigantesco Dexter, con la sua andatura a ciondoloni, gli occhi velati, la parlata stanca. un ritratto umanissimo, di una verità e di un'emozione rara. E quando si occupa invece degli altri: dei personaggi collaterali, dei rapporti padre-figlia del protettore di Dexter, del piccolo mondo di frequentatori della notte, del viaggio a Lione (come in ogni film di Tavernier) ad un pranzo di "quenelles" dagli suoceri, che non si capisce bene a che cosa serva se non ad allungare il film di mezz'ora, alle difficoltà tra moglie e marito che banalizzano a telefilm.

Ma i meriti del film, quelli della presenza del suo protagonista cancellano queste pecche pur evidenti: quando il vecchio (ma ancora validissimo) sassofonista riceve sulla scena la sua amica cantante, quando i due duettano improvvisando sul finale di Howlong Has This Been Going On? succede qualcosa di meraviglioso.Non tanto che i due riescano a dirsi tutto suonando e cantando (chiunque ami la musica sa che questo è uno dei momenti privilegiati che offre il dialogo musicale): ma che Tavernier riesca a farci vedere questo momento di commovente intimità.Che il cinema, con la prepotenza delle sue luci, del suo verismo fotografico, dei suoi codici imperanti non s'arresti, come sempre, sulle soglie del giardino proibito.

Essere riuscito a varcarle, essere riuscito a far ciò che ha distrutto Charlie Parker, uno dei grandi geni del nostro secolo, essere riuscito a comunicare, ecco il grande merito di Tavernier. E di un film che è il primo a potersi definire un film jazz.


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